Patrizia Bonardi
Patrizia Bonardi
Patrizia Bonardi
The immobility
of tree
2012 video 3.12 min
Courtesy
Visualcontainer-Milan
"La consistenza di noi stessi fugge nella follia del quotidiano. Ansiosamente ci aggiriamo in cerca di identità.
L'immobilità dell'albero ci riporta in noi. Scaviamo per mettere radici, per trovare un giaciglio fatto di memoria,
di coriandoli bianchi, frammenti di inconsistenza.
Nel video l'immobilità degli alberi si confronta con l'evanescenza della figura che si moltiplica in tanti sè caotici e identicamente inconsistenti.
La geometria perfetta del pioppeto sembra fare da gabbia alla tortuosità del percorso umano.
L'ordine razionalmente voluto dall'uomo per la piantumazione snatura la varietà arborea, anche se la bellezza prospettica attrae con l'intensità della luce nel punto di fuga centrale.
L'occhio della videocamera avvicinandosi mostra le differenze, ritrova la maestosità dell'albero, la sua unicità.
Le figure che si aggirano fra i pioppi paiono sciogliersi come la neve che febbrilmente calpestano.
Impercettibilmente però, portano con sé la capacità di mettere a fuoco e di riprodurre immagini di ciò che guardano.
Finalmente trovano l'albero e la dispersione in mille sé viene ricomposta dallo scatto.
Il silenzio si fa presente, oltre il suono di una voce meccanica che a stento ricorda la sua ingenua poesia.
La figura è ora persona che nell'attrazione per l'albero ne imita il ciclo vitale.
Si auto-piantuma affrontando la terra invernale, circondata dai frutti dello scatto che diventano i semi di questo tentativo di rigenerazione.
La fragilità e l'utopia del gesto lasciano disarmati.
Del resto questi semi sono fotografie vuote, immagini evaporate come neve al sole, coriandoli di un giorno di festa, frammenti di gioia inconsistente."
Our own substance vanishes in the madness of everyday living. We wander about anxiously in search of identity.
The immobility of trees brings us back to ourselves. We dig to put down roots, to find a resting place
made of memories, of white confetti, fragments of insubstantiality.
In the video the immobility of the trees is contrasted with the evanescence of the figure that is multiplied into so many chaotic and identically insubstantial selves.
The perfect geometry of the poplar grove is like a cage enclosing the winding path of human existence. The rational order that humankind has imposed by planting the trees this way denatures the variety of the trees, yet the perspective beauty, with the intensity of light concentrated in the central vanishing point, is still attractive.
As it draws nearer, the eye of the video camera enables the viewer to notice differences, rediscovering the majesty, the uniqueness, of the tree. The figures walking around among the poplars seem to melt away like the snow they are feverishly tramping.
Imperceptibly, however, they have within themselves the ability to focus on and reproduce images of what they are looking at. Finally they find the tree and the dispersion into a thousand selves is recomposed by the click.
Silence comes onto the scene, in substitution to a mechanical voice that can barely remember its ingenuous poem.
The figure has now become a person who imitates the life cycle of the tree out of attraction to it. She plants herself despite the frozen winter ground, surrounded by the fruits of the click that become the seeds of this attempt at regeneration. The fragility and the utopia of the gesture leave the viewer disarmed. These seeds are just blank photographs, however -- images evaporated like snow in the sun, confetti on a festival day, fragments of insubstantial joy.
(translation by Anders Morley)